Onorevoli Colleghi! - Il problema dei crediti vantati dalle imprese italiane nei confronti della Libia risale al 1970 ed è stato aggravato dal blocco del 1980 dovuto alla richiesta libica di risarcimento dei danni per il periodo coloniale e di quelli subiti nell'ultimo conflitto mondiale. Questi ultimi, pur essendo stati pagati dallo Stato italiano nel 1956, sono stati di nuovo richiesti dall'attuale regime libico e formano oggetto del contenzioso tra i due Paesi.
      La ricognizione dei crediti vantati dalle imprese italiane nei confronti di quel Paese effettuata dal nostro Ministero degli affari esteri, in collaborazione con la banca italo-araba UBAE e con l'Azienda libico-italiana (ALI) nel novembre 2002, come previsto dall'accordo, portò all'accertamento di crediti per 642 milioni di euro, senza tener presente la rivalutazione monetaria per il tempo trascorso, né gli interessi legali, sebbene previsti nelle sentenze delle stesse corti libiche alle quali i nostri imprenditori si erano rivolti. Da tale accertamento erano esclusi anche i crediti cosiddetti «speciali», riguardanti le forniture di armamenti.
      Il pagamento dei crediti accertati sarebbe dovuto avvenire entro il 31 marzo 2003, ma la Libia venne meno all'impegno assunto e contestò persino il lavoro effettuato dall'ALI e dall'UBAE, banca di diritto italiano ma con il 52 per cento di

 

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proprietà diretta ed indiretta dello Stato libico, disconoscendo persino le sentenze passate in giudicato delle sue stesse corti.
      Il gruppo parlamentare dell'UDC ha sempre sostenuto i diritti delle centinaia di aziende italiane che hanno operato in Libia e che da decenni attendono il riconoscimento e il pagamento dei danni di guerra e del colonialismo verso quel Paese. Ne sono esempi le interpellanze e le interrogazioni presentate già nella scorsa legislatura da esponenti dell'UDC, nonché l'ordine del giorno di iniziativa del primo firmatario della presente proposta di legge che chiedeva di concedere una garanzia sovrana dello Stato italiano a favore delle imprese creditrici della Libia, votato all'unanimità dall'Assemblea il 17 dicembre 2003 e rimasto senza esito.
      Purtroppo, ad oggi la questione è ancora aperta e molte imprese rischiano il fallimento con la relativa perdita dei posti di lavoro.
      Le azioni a tutela del lavoro italiano nel mondo, come previsto dall'articolo 35 della Carta costituzionale, sono state completamente disattese dalle nostre istituzioni e gli eventuali risarcimenti alla Libia non potranno essere soddisfatti se prima non saranno rispettati i diritti delle imprese italiane.
      Occorre far presente che, nelle ultime riunioni del Comitato misto italo-libico per i crediti, la delegazione libica ha offerto 281 milioni di euro per una chiusura forfetaria del contenzioso, cifra respinta dalla parte italiana perché insufficiente e non rispettosa del lavoro e del diritto.
      Scopo della presente proposta di legge è quello di risolvere immediatamente i problemi economici delle aziende e dei loro dipendenti, dando tempo cinque anni alla nostra diplomazia e al Governo per far rispettare i diritti delle imprese da parte del Governo libico. Non è pensabile che siano riconosciuti e pagati ulteriori risarcimenti alla Libia per il periodo coloniale, senza che prima siano rispettati e pagati i diritti delle imprese italiane.
      Con la presente proposta di legge si prevede, all'articolo 1, la concessione da parte dello Stato italiano di una garanzia alle aziende al fine di smobilizzare e monetizzare i loro crediti. Tra i soggetti beneficiari sono comprese le aziende che, pur non facendo parte della comunità italiana residente in Libia nel 1970, subirono il sequestro e la confisca dei cantieri e delle relative attrezzature, nonché le società estere, per la quota di proprietà italiana.
      Al fine di evitare disquisizioni o interpretazioni sulla determinazione della rivalutazione monetaria e gli interessi, si pongono, nell'articolo 3, i riferimenti necessari per la valutazione degli stessi.
      L'accertamento del credito è previsto da una Commissione paritetica (articolo 4) formata da rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze e da altrettanti rappresentanti dei creditori e presieduta da un magistrato di cassazione in servizio o a riposo.
      Con l'articolo 5 si fissano i termini di presentazione delle domande e le relative procedure.
      Nell'articolo 6, pur non essendovi necessità di copertura finanziaria, in quanto si tratta di somme dovute dallo Stato libico, per cautela, si prevede la destinazione di 93 milioni di euro annui alle finalità della legge, a partire dall'anno 2008 sino al 2014, in quanto l'eventuale escussione della garanzia potrà avvenire nel 2013 e nel 2014.
 

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